Ne Il buio oltre la siepe è geniale, tra le altre cose, la scelta del punto di vista. Noi vediamo tutto attraverso gli occhi dei bambini e veniamo a conoscere gli avvenimenti attraverso le loro parole. Questo, ben lungi dallo smorzare suspense e inquietudine, aggiunge un alone di tenerezza e verità cristallina che dona potenza ai delicati temi del razzismo e della discriminazione, centrali nel libro come nel film.
L’umanità oltraggiata dall’ingiustizia appare tanto più evidente e oggettiva, e per questo commuovente, proprio perché individuata attraverso il punto di vista dei due bambini innocenti che recitano da spettatori inermi.
Il libro, scritto da Harper Lee, nell’edizione originale si intitola To Kill a Mockingbird(Uccidere un usignolo), a sottolineare il tema dell’innocenza violata. Lo stesso titolo è mantenuto dal film in lingua originale che uscì in America appena due anni dopo il romanzo, per la regia di Robert Mulligan. La scrittrice pare si fosse ispirata alla storia vera di un gruppo di ragazzini afroamericani ingiustamente accusati di stupro. Il libro, pubblicato nel 1960, ottenne un immediato grande successo e vinse il premio Pulitzer l’anno successivo.
I bambini, utilizzati per esprimere il punto di vista dell’innocenza e della testimonianza non contaminata, sono i due figli dell’avvocato Atticus Finch ai quali si unisce, durante l’estate, il piccolo vicino di casa Dill. Jean Louise Finch (Scout) e Jeremy Finch (Jem) hanno rispettivamente sei e dieci anni e sono orfani di madre da quattro. Sono stati cresciuti dal padre Atticus che vedono come un eroe incorruttibile e buono. A raccontarci la storia in prima persona, nel libro come nel film, al romanzo molto fedele, è la piccola Scout che, divenuta ormai grande, vuole lasciare una testimonianza dell’intera vicenda.
All’avvocato Finch viene affidata la difesa di Tom Robinson, afroamericano, mite padre di famiglia con un braccio offeso, ingiustamente accusato di aver stuprato una ragazza bianca, figlia di un vicino facinoroso, violento e alcolizzato. La storia è ambientata in una piccola cittadina immaginaria dell’Alabama, all’inizio degli anni ’30, durante la grande depressione, e il tema della povertà, della disperazione e dell’ignoranza fa da sfondo all’intera vicenda. Anche questo tema viene trattato in modo delicato e insolito attraverso gli occhi e le orecchie di Scout: la bambina vede un contadino che porta periodicamente prodotti alimentari al padre per ripagarlo dei suoi servizi in tribunale. Sbalordita, chiede al padre il motivo di tali doni e viene così a sapere che quell’uomo non ha soldi, per sdebitarsi, e che è molto povero ma, anche, che essere poveri non significa non avere dignità. Proprio come loro, che sono una famiglia con difficoltà economiche ma che non rinunciano ai loro solidi principi tanto che, quando proporranno ad Atticus di difendere il bracciante di colore, non ha un attimo di esitazione prima di accettare. Questo, nonostante l’avvocato Finch sappia bene di trovarsi di fronte ad una causa che probabilmente perderà e che lo esporrà alle critiche e forse alla violenza dei vicini.
Il tema dell’ingiustizia e della discriminazione viene trattato anche attraverso la figura di Boo, il bravissimo attore Robert Duvall che interpreta un ragazzo timido e disturbato, segregato in casa dai genitori. Poco alla volta, Scout e il fratellino scopriranno che diversità non significa necessariamente cattiveria, e smetteranno di avere paura di Boo che avrà anzi un ruolo determinante nello sviluppo finale della vicenda. Anche qui, l’unica testimone oculare dell’atto di eroismo di Boo, che salva i bambini da morte certa, sarà Scout. Particolarmente toccante è l’escamotage scelto per rendere anche visivamente più forte l’impotenza della bimba e il suo punto di vista ingenuo e impaurito nel quale ci immedesimiamo fino in fondo: Scout è vestita in maschera, completamente ricoperta dalla grossa sagoma di un prosciutto; durante l’aggressione non riesce a fuggire, così intrappolata, e saranno solo i suoi occhi terrorizzati a farci intuire quello che sta succedendo.
Il film ricevette 8 Nomination al premio Oscar. La scrittrice Harper Lee approvò in pieno la sceneggiatura e la scelta di far interpretare il ruolo principale a Gregory Peck che vinse anche l’Oscar, meritatissimo, come miglior attore protagonista.Vincitore, infine, di ben tre premi Oscar, Il buio oltre la siepe fu anche presentato in concorso al 16° Festival di Cannes, dove vinse il Premio Gary Cooper Award. Ha ricevuto, inoltre, una sfilza di altri premi dal Golden Globe al David di Donatello. Direi che, comunque, non poteva – e non doveva – essere diversamente perché ci troviamo senza ombra di dubbio in presenza di un capolavoro della cinematografia.
Il titolo italiano, Il buio oltre la siepe, rappresenta l’inconscia paura che vive in ciascuno di noi per il diverso e l’incomprensibile, e il superamento della stessa da parte dei bambini quando scopriranno che proprio nella tanto temuta casa “oltre la siepe” si cela colui che è in gran segreto loro amico e salvatore, un uomo buono e delicato come “un usignolo”, nonostante l’aspetto grande e grosso e le sue stranezze.
Resta da menzionare il ruolo centrale e ad effetto della musica che, bellissima e suggestiva, sottolinea e accompagna i caratteri e i temi principali, amplificando emozioni, aspettative e paure. Solo per inciso, Elmer Bernstein, che firma la colonna sonora, ebbe anche una Nomination all’Oscar.
Resta, ancora, da ricordare la frase rivolta dal reverendo a Scout in tribunale, alla fine della causa, quando il pubblico si alza ad applaudire Atticus ma la piccola se ne resta accovacciata nel timore di essere scoperta in luogo che le sarebbe stato proibito: “Si alzi in piedi, davanti a suo padre!” le dice, solenne e commosso.
Non voglio svelarvi di più dell’esito della causa, né del finale (bellissimo!). Voglio solo confessarvi che, a questo punto, su questa frase, mi scende sempre una lacrima. Beh, lo ammetto, non una sola, che questo film continua a commuovermi, indignarmi e riempirmi di gioia e ammirazione in egual misura ogni volta che lo vedo. E ad ogni visione ci trovo qualcosa di nuovo. Qualcosa che me lo fa amare sempre di più.
A voi i commenti.
Un abbraccio,
Greta