Alberto Sordi In viaggio con papà

C’è chi lo odia. Alberto Sordi, intendo. Stavo pensando a questo, mentre ammiravo l’attore monumentale, l’altro giorno, in una delle sue commedia tragi-comiche che sanno far ridere – e tanto – ma anche pensare, allo stesso tempo. Nello specifico, riguardavo – dopo parecchi anni: dovevo essere ragazzina, l’ultima volta – il film di e con Alberto Sordi: In viaggio con papà, del 1982 ma sempre esilarante! A fare da spalla ad un attempato Sordi, un bravissimo Carlo Verdone giovane ma già sicuro nella sua interpretazione comica e tenera di un figlio ingenuo fino ad apparire sciocco, che cerca in tutti i modi le attenzioni di un padre che, raggiunta una certa età, è a caccia di continue conferme dall’universo femminile. Sordi è sempre bravissimo e ancora molto amato dal pubblico. Perché, quindi, qualcuno lo odia? Perché rappresenta i vizi degli italiani, quei cliché con cui ci vedono all’estero. L’italiano medio vitellone e furbastro, che beve e fuma spesso e volentieri, ama la buona cucina e le donne, meglio se giovani e straniere. La verità è che Sordi non intende ridere di noi italiani, ma con noi. E in quella parolina con c’è tutta la differenza tra amarlo oppure odiarlo. L’Albertone nazionale mette sì in risalto i difetti degli italiani, ma lo fa per prenderli bonariamente in giro, per sdrammatizzare e contemporaneamente deridere chi ci vede solo attraverso, appunto, quei cliché.

Detto questo, In viaggio con papà è una commedia per i nostalgici degli anni Ottanta ma anche senza tempo, perché ancora oggi funziona.

In questo film, Sordi dirige e interpreta un suo soggetto, partecipando poi alla sceneggiatura insieme a Rodolfo Sonego e Carlo Verdone. C’è chi dice che la pellicola sia deludente, vista la premessa che vede l’accostamento di due pilastri assoluti della comicità romana ma, a mio parere, se ancora oggi sa farci trascorrere due ore piacevoli e in allegria senza stancare, il film ha comunque fatto centro.

Veniamo alla trama in breve: Armando è un uomo attempato, separato dalla moglie all’insaputa del figlio, e inguaribile playboy: il classico vitellone italiano degli anni che furono, che non si tira mai indietro di fronte alla possibilità di un flirt, quasi ne facesse una questione di principio, più che di necessità. Veste sempre elegante e si dà arie da gran signore e uomo navigato. Tra l’altro, ha una relazione di lungo corso con una ragazza giovanissima, Federica, figlia di un ingegnere con cui collabora. Il figlio Cristiano, al contrario, è timido, impacciato, veste con una salopette di jeans non adatta alla sua età ed è totalmente inesperto nelle faccende amorose. I due si incontrano, dopo anni di lontananza, perché la comunità per la salvaguardia dei gabbiani, di cui il ragazzo fa parte da molto tempo, sosta a Roma alla ricerca di fondi, proprio vicino alla casa di Armando. Il figlio va così a trovare il padre, ma si attarda e nel frattempo la comunità viene fatta sloggiare dalla polizia. Inizia così un inseguimento che dovrebbe durare poco: il padre è segretamente diretto da Federica, per partire con lei verso la Costa Azzurra, e inizialmente non vede l’ora di liberarsi del figlio. In realtà, tra soste e strade sbagliate, i due protagonisti finiscono per perdere le tracce della comunità, e il padre dovrà accompagnare Cristiano fino in Corsica, tappa finale della carovana. Durante il percorso, impareranno a conoscersi e a prendere coscienza, ciascuno a suo modo, della propria età e delle proprie responsabilità. Anche il finale agro-dolce serve a farci capire che Armando ha ormai realizzato di essere un padre con dei doveri verso il figlio a cui pian piano si è affezionato, e che, nel frattempo, grazie a lui, inizia a crescere e ad aprire un po’ gli occhi. Sarà così proprio Cristiano a cambiare la vita del padre per sempre, e viceversa.

Ho trovato i due attori insieme magnifici, ciascuno nel proprio ruolo. Verdone è una spalla giustamente discreta ma eccellente, Sordi, come sempre, bravissimo e sul pezzo.

Consiglio di dare una seconda possibilità a questo film a chi non lo avesse apprezzato molto durante una prima visione, magari tanti anni fa. È la solita commedia anni Ottanta ma, contemporaneamente, è anche di più. Per merito, ma non solo, dei due attori principali. Buona visione, dunque,

Greta

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