Le cose che non ti ho detto

Le cose che non ti ho detto (Hope Gap) è un bel film, uscito nel 2019, che mi era totalmente sfuggito.

È una pigra domenica pomeriggio di metà settembre, verso le due. Fabio, stranamente, ha acceso la TV e iniziato a guardare un film. Mi accoccolo sul divano accanto a lui: è stata una settimana pesante. Oggi è domenica, vorrei fare tante cose, avrei voglia di stare in mezzo alle persone, con le nipotine che mi mancano, mangiare fuori con gli amici, camminare in mezzo al verde, vedere posti nuovi, magari, ma sono così stanca e pestata dappertutto che, il massimo che riesco a fare, è spostarmi dal letto al divano. Dopo, lavorerò un po’ al PC (e già so che diventerà un bel po’ perché quando scrivo perdo il senso del tempo), poi preparerò una cena leggera. Questo è il mio massimo, per oggi, poco, per molti, non male, per come la vedo io, ormai. Mentre resto abbracciata a mio marito, penso che sono comunque fortunata: ho lui, ho i miei libri che mi hanno tenuto compagnia anche in questa notte difficile, ho la voglia di scrivere che mi morde le mani insieme ai dolori, che prevale, spesso, sul dolore, e mi porta a comporre fiumi di pagine per un’esigenza che è più forte di me.

“Si chiama Le parole che non ti ho detto, questo film”, mi informa mio marito.

“No, non può essere. Quello è un altro film!” dico io precisetta, pensando al film tratto dal romanzo di Nicholas Sparks che non mi è mai piaciuto un granché, a dirla tutta.

Facciamo una veloce ricerca. Sì tratta in effetti di un titolo molto simile: Le cose che non ti ho detto. Ma dico io: perché noi italiani dobbiamo mettere sempre titoli simili (meglio se melensi, anche se non è questo, il caso)? Non era meglio tenere il titolo originale, Hope Gap, gioco di parole tra il nome del promontorio inglese dove la famiglia andava in gita quando era ancora unita e felice, ( e che si vede spesso nei ricordi del figlio), e il termine “hope/speranza”, quella speranza in una rinascita che pervade tutto il racconto e ogni personaggio, anche se ciascuno la declina a suo modo? Se proprio si deve mettere un nome italiano d’accordo, però proviamo a tradurre o almeno a ispirarci all’originale! Così invece abbiamo l’ennesimo titolo che assomiglia a molti altri e crea confusione nello spettatore…

Comunque sia, Le cose che non ti ho detto si basa sulla storia di una coppia matura – composta da Edward, (Bill Nighy), professore, e Grace (Annette Bening), una scrittrice – che, dopo quasi trent’anni di matrimonio, si lascia: lui ha incontrato un’altra, Angela, la mamma di un suo allievo. Da un anno la frequenta segretamente e vuole andare a vivere con lei.

La moglie è distrutta, ma soffre molto anche Jamie (Josh O’Connor), l’unico figlio della coppia, che ormai vive da solo a Londra, ma è molto affezionato ai suoi, e la storia lo mette particolarmente in rilievo. In realtà, infatti, il regista e sceneggiatore, William Nicholson, sta raccontando la sua storia. Quella della separazione dei suoi genitori dopo più di trent’anni di matrimonio, la sua sofferenza, il diritto alla sofferenza di ogni figlio che vede fallire il matrimonio dei genitori, anche se è già adulto. Jamie cerca di non prendere le parti di nessuno, di frequentare sia il padre che la madre, ma è molto preoccupato per Grace, le sta accanto tornando da Londra tutti i weekend, finché non la vede riprendersi un po’, ricominciare suo malgrado a vivere.

Il film si nutre di silenzi ben calibrati, espressioni efficaci, di una sceneggiatura poetica e struggente, di una fotografia sognante che restituisce il fascino dei paesaggi, cornice e insieme protagonisti del racconto, con le scogliere a picco sul mare e le cittadine ventose (in particolare Seaford, nel sud dell’Inghilterra, paese nativo del regista, dov’è ambientato il film), e si alimenta, a piene mani, della bravura degli attori.

Nicholson è solo alla sua seconda prova come regista cinematografico, anche se il suo è ritenuto, in senso positivo, un “cinema maturo e vecchio stampo”. Infatti, ha già molta esperienza come scrittore, sia di romanzi che di opere teatrali, e lo si percepisce in ogni scena. Lo stesso film a cui ci riferiamo è tratto da un suo testo teatrale. E Le cose che non ti ho detto è, appunto, scenico e bellissimo. I personaggi, proprio come in una pièce teatrale, sono molto ben delineati e sostanzialmente solo tre: il sensibile figlio Jamie, la vivace e produttiva Grace, che scrive con passione, divora poesie, ha una fede profonda in Dio e nel suo matrimonio, – che lotta fino alla fine per salvare – ed Edward, curvo e provato dalla vita, più riflessivo e silenzioso, in cerca di una pace più terrena e immediata. I due coniugi, con le loro schermaglie mai banali, tengono da soli incollati gli spettatori allo schermo. Tanto che, quando il film finisce, ci resti un po’ male, perché ne vorresti ancora!…

Parola di Greta!

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