I love shopping a Natale

Se vi aspettavate Il Grande ritorno di Becky, una conclusione degna della famosa saga dei 9 libri di I Love Shopping, allora resterete delusi, temo. 

La conclusione degna, articolata, con tanto di evoluzione di Becky e degli altri personaggi, c’è stata ed è I Love Shopping a Las Vegas, forse il migliore dei 9 libri, o a questo punto dovrei dire dei dieci libri, che narrano le vicende di Rebecca Brandon (nata Bloomwood, come lei stessa ci tiene a sottolineare).

I love shopping a Natale, appena uscito nelle librerie, va preso così, con leggerezza, come un capitolo in mezzo alla saga, messo lì per fare un dono ai numerosi lettori che l’hanno chiesto a Sophie Kinsella, loro beniamina, che resta pur sempre una delle migliori e più prolifiche autrici della nostra epoca.

Detto questo veniamo alla nota dolente, e mi scoccia dal momento che anch’io sono una fan della Kinsella: questo romanzo non è certo uno dei migliori che ha prodotto.

Becky torna ad essere svampita e a tratti sciocchina, il suo buon cuore emerge, certo, come la sua generosità, ma tende ad aumentare l’effetto melenso delle lenti rosa attraverso cui è vissuto questo Natale consumistico e un po’ infantile. È vero che ci pensa la sorella Jess a fare da contraltare e mostrare il Natale vegano e contrario ad ogni consumo illecito ma, è anche vero, la sorella e il marito Tom risultano buffi ed esagerati, e in qualche modo più che essere una presa di posizione, la loro, sembra una parodia del Natale – vedi ad esempio l’idea dell’albero riciclato con la scopa vecchia e i cucchiai appesi o il tacchino vegano costruito con pongo e ciambelle -. Gli immensi sforzi prodotti da Becky per procurare al marito un regalo degno di tale nome, che commuovono tanto Luke, risultano in ultima istanza un po’ forzati e perfino ridicoli, se proprio lo dobbiamo ammettere. Il punto è che molte cose le abbiamo già viste, già sentite, già lette, e Becky ha già dato il meglio di sé negli altri romanzi, probabilmente. E il rapporto col marito, deliziosamente delineato nel corso delle altre varie vicende, risulta qui essere un po’ forzato e fuori da ogni logica. Le difficoltà, che da altre parti erano reali e anche originali, ammettiamolo, qui risultano spesso essere quasi create ad hoc per movimentare il racconto e rendere questo Natale un pochino meno pieno di miele. Salvo poi sconfinare, nel finale, in una grande vasca di melassa che culmina col “dono della parola”, Vero Regalo Immateriale, da parte della sorella e del marito Tom, al posto del regalo reale, che suona quasi come una parodia più che una dichiarazione di intenti. Almeno per come l’ho percepito io. Che magari mi sbaglio, però.

Anche le frequenti citazioni del film animato Il Grinch con Jim Carrey, con la ripetizione del sacrosanto concetto che “Natale è tutto ciò che Il Grinch non può rubare”, resta in superficie e non scende più di tanto a scaldare il cuore dei lettori, o quantomeno il mio… (In proposito, però, vi anticipiamo che a breve uscirà un articolo dedicato a Il Grinch!)

Detto questo, se avete voglia di leggerezza, il libro si fa leggere comunque volentieri in un paio di serate. E bisogna porsi come di fronte a una commedia natalizia di poche pretese, sicuri di guadagnarsi qualche sana risata e forse, perfino, qualche lacrima facile. Che non sono mai da buttare via. 

Un abbraccio, Greta

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