Una seconda possibilità non si nega a nessuno, ovvero La vita è meravigliosa

Avete mai pensato a come sarebbe stata la vita dei vostri cari, e anche delle altre persone intorno a voi, se non foste mai nati?

La vita di ogni uomo è strettamente legata a tante altre vite, anche nei modi meno prevedibili. Questo ci insegna La vita è meravigliosa, il capolavoro di Frank Capra interpretato dalla fantastica coppia James Stewart e Donna Reed. E ancora: che “Nessun uomo è mai solo se ha un amico”!

Non vi dirò di più, il film è già noto e stra-noto. Da festeggiare, però, che lo passino stasera in chiaro su Rai 3 alle 21.20. Era da anni che era sparito dalla programmazione.

È uno di quei film che io e Fabio rivediamo ogni anno a Natale (a parlare è Greta), e ogni anno, sul tanto agognato lieto fine, ascoltando le note di Hark the Herald Angel Sing ci scendono le lacrime. Come se fosse sempre la prima volta. E in qualche modo lo è, perché il film ha così tanto da comunicare che forse non bastauna vita per comprenderlo fino in fondo, gustare ogni connessione, ogni sfumatura della trama, e ogni espressione degli splendidi attori che formano il cast. È il mio film del cuore, è il film del cuore di molti. Per cui vi raccomando di vederlo e rivederlo. Per piangere di gioia e non dimenticare mai che, comunque sia, La vita è meravigliosa!

Per chi volesse leggerlo, vi lasciamo qui di seguito un articolo scritto molto tempo fa, proprio riguardo ai libri e ai film che si occupano della “seconda possibilità” come, appunto, La vita è meravigliosa. Buona lettura!


I libri e i film sulla seconda possibilità sono tra i più gettonati. E di solito ci prendono sempre. Chi non ha mai sognato di poter tornare indietro, rivivere almeno una parte della sua vita, rifare una data cosa in un modo diverso, alzi la mano. Da qui il successo, più o meno strepitoso, di qualunque film o libro che tratti l’argomento. 

La scorsa estate, mi è capitato tra le mani un romanzo del genere, trovato a una bancarella dell’usato lungo la spiaggia,

Una sorpresa sulla Fifth Avenue di Allison Winn Scotch ha tutti gli ingredienti del caso. La noia della vita attuale, il rimpianto mai sopito del tutto di un amore passato più leggero, più selvaggio, più appassionato, confrontato con la quotidianità di una madre stritolata tra impegni domestici, un marito molto preso dal lavoro e forse un po’ noioso, una bimba piccola con tutto il carico che comporta di pappine, responsabilità, rimorsi, senso di inadeguatezza, incontri con altre mamme stanche che fanno sempre i “soliti discorsi” e altri bambini bisognosi di attenzioni e cure. E allora Jillian si trova a riflettere su come sarebbe stato se. Se non avesse lasciato il lavoro, se si fosse tenuta il vecchio fidanzato ribelle, scendendo magari a qualche compromesso in più con la vita, ora che sa cosa significa impegnarsi davvero, essere adulta e responsabile, e così via. L’occasione per il “ritorno” al passato non è neanche così ben cercata, a mio parere. Ma, si sa, ormai i libri e i film del settore le occasioni le hanno provate un po’ tutte, dall’automobile che viaggia nel tempo – come non citare in proposito il mitico Ritorno al futuro, il film del 1985 diretto da Robert Zemeckis e interpretato da un bravissimo Michael J. Fox come i suoi, un po’ meno mitici, sequel -? al sogno ad occhi aperti, passando perfino per i semini magici e la resurrezione. Qui a “dare il la” è l’ossessione scatenata dall’annuncio del matrimonio dell’ex, mai del tutto dimenticato, mista a una contrattura profonda e dolorosa che viene liberata da un massaggiatore forse magico che sblocca ricordi ed emozioni in un crescendo continuo fino al climax ovvero alla fatale domanda che non manca mai di arrivare: ma stavamo davvero meglio prima? O è la forza del rimpianto ad ammantare i ricordi di aloni mitici e scenari migliori? Non vi dico altro perché, se avete intenzione di leggerlo, e ne vale comunque la pena, non voglio rovinarvi la sorpresa finale. Aggiungerò solo che di libri del genere ne ho letti parecchi e questo si pone circa a metà, nella mia classifica personale, dei più o meno riusciti. 

Il migliore in assoluto, a mio parere, ma anche secondo alcune delle mie amiche, è Ti ricordi di me? di Sophie Kinsella, già citato da Clara nel nostro blog. Con la scientificità che le è consona per i suoi trascorsi come giornalista economica, Kinsella, – pseudonimo di Madeleine Wickham (per inciso col vero nome firma i titoli più seri e meno frizzanti, quelli a conti fatti meno riusciti o comunque meno amati dal pubblico) – traccia una trama senza sbavature né momenti di calo. Riesce a tenere il lettore “sulla corda” nel modo unico che sa usare lei, delineando personaggi, caratteri, profili psicologici, avvenimenti con tale dovizia di particolari e abilità creativa da rendere perfettamente credibile anche l’incerto, il sogno, l’astrazione. Il movente per il ritorno alla seconda possibilità qui è, manco a dirlo, studiato nei dettagli in modo da essere il più possibile e scientificamente credibile. Un coma, un’amnesia, un ritorno incredulo e sbigottito a una vita patinata e apparentemente perfetta. Per scoprire, magari, solo poi, che la perfezione non esiste o ha comunque un suo prezzo. Sempre. E una sua buona dose di noia appresso. Devo ammettere che, anche in questo caso, il motivo dell’amnesia mi fa risuonare tutta una serie di ricordi e di titoli che si perdono già nella memoria di una me stessa bambina che guarda film in bianco e nero con la mamma e legge voracemente romanzi del genere. Questo, però, non toglie nulla, o quasi, al genio della Kinsella che ha saputo, proprio a partire da un tema trito e ritrito, aggiungere freschezza, novità e soprattutto credibilità all’incredibile. Come sa fare lei. Solo lei, spesso. Che in mezzo al panorama vastissimo della letteratura “rosa” ha saputo ritagliarsi uno spazio tutto suo e un genere che non assomiglia a nessun altro, se non a se stesso. La sfida che mi propongo e vi pongo, qui di seguito, è quella soprattutto rivolta agli uomini di provare a leggere la Kinsella, per credere a quello che vi dico. Che non è un genere femminile a tutti i costi, che la sua logica ferrea appena mascherata da leggerezza e romanticismo – sullo sfondo e ben dotato di ironia e senso della realtà – può soddisfare qualunque lettore di qualunque sesso, genere, età. E la scommessa che l’autrice riesce a vincere appieno, anche in Ti ricordi di me?, è proprio quella di partire da un genere noto per portarci su di un terreno affascinante e sconosciuto ma, ripeto, perfettamente credibile e a conti fatti originale. Ci sarebbe tanto da scrivere circa questo romanzo, a partire dal personaggio delizioso di Lexi “la dentona”, le motivazioni psicologiche che la muovono e la distorcono fino a riportarla, attraverso strade inaspettate, al centro della sua vita e del suo Io. Ma non voglio dire di più per non rovinarvi la sorpresa, perché è una sorpresa, per me, ogni volta che leggo un libro che merita o, ancora, perfino, quando, come in questo caso, rileggo un libro che merita di essere riletto varie volte per essere capito e gustato sempre di più. Specie se paragonato ad altri del settore che possono intrigare nel corso delle prime pagine, forse, perché il tema è ghiotto e l’idea di una seconda occasione piace a tutti, ma che non trovano facilmente sbocco in una trama così avvincente, vera e deliziosamente innovativa come in questo caso.Mi piacerebbe molto che qualche uomo senza pregiudizi leggesse la Kinsella, o magari proprio questo romanzo, della Kinsella, e ci dicesse cosa ne pensa. Vi va?

A proposito di questo argomento e del Natale imminente, vorrei almeno citare il film The Family man del 2000, diretto da Brett Ratner. Il protagonista (Nicolas Cage) è un moderno Scrooge a cui viene data la possibilità di tornare indietro per rivedere la sua vita come sarebbe stata, piena di calore, affetti e imperfezioni, accanto alla donna amata ma poi lasciata per la carriera. Un film di buoni sentimenti misti a un cinismo latente che si scioglie solo sul finale e ci lascia con un happy end non banale e faticosamente conquistato.Non posso salutarvi senza aver però almeno citato un film che è il tempio e insieme il padre di tutte le seconde possibilità letterarie e cinematografiche: La vita è meravigliosa del 1946 di Frank Capra, da cui tutti gli altri, The family man incluso, hanno preso dichiaratamente spunto e ispirazione.

È un film talmente straordinario – specie se collocato nell’immediato dopoguerra, ma come tutti i capolavori è senza tempo – che viene quasi da abbassare la voce, per rispetto, quando se ne parla. Ne raccomando la visione a quei tre o quattro, credo, al mondo, che magari non l’hanno ancora visto. L’angelo che propone a George Bailey di rivedere la sua intera vita per trarne coraggio, vantaggio e insegnamento, è un tale capolavoro di buffa dolcezza e solida costruzione cinematografica insieme che per ora non mi sento di aggiungere altro se non ribadire il consiglio di rivederlo, ogni tanto, questo film, magari sotto le coperte e accanto a qualcuno che si ama, nei dintorni del Natale, per ricordare, ora e sempre, che “Nessun uomo è un fallito se ha un amico”. E scusate se è poco. 


E voi? Quale film o libro che parla di questi temi vi ha particolarmente colpito?
Aspettiamo i vostri consigli… 

Intanto un abbraccio e alla prossima, Greta

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