Colpo di fulmine:
Quasi amici – Intouchables del 2012, si apre con un intenso primo piano di Omar Sy, attore stupendo non solo nel fisico, accompagnato dalla travolgente colonna sonora scritta appositamente per questo film: Fly di Ludovico Einaudi.
La prima volta che ho visto Quasi amici, la prima di numerose altre volte, mi trovavo in vacanza in un pittoresco bad and breakfast in Liguria, a Laigueglia, in un cinema all’aperto arrugginito e mezzo vuoto, e soprattutto scomodissimo per la mia schiena, umido e pieno di zanzare. Ma non ho avuto il coraggio di mollarlo. Il film, intendo. Perché mi ha presa talmente tanto, anzi ci ha presi, a me e al mio ingegnere, che non ce l’abbiamo fatta ad andarcene. E abbiamo fatto bene. Se il film mi è restato nel cuore è anche grazie a quella prima visione così particolare e conquistata. Più tardi, sono tornata a rivederlo in un comodo cinema della mia città, trascinandomi dietro parenti e amici, tale era il mio ricordo entusiasta!… E comunque, ogni volta che lo passano in TV non riesco a perdermelo!

La trama:
Il film è ispirato a una storia vera, molto bella e commovente, ma sobria e asciutta nel tessuto del racconto.
Dopo i titoli di testa, e qualche scena che mostra l’amicizia e la complicità ormai rodata tra i due protagonisti, si torna all’inizio con la tecnica dell’analessi sempre molto efficace: si riavvolge “il nastro” e si torna da capo per raccontare come si sono conosciuti i due protagonisti.

La storia ha inizio con alcuni candidati a colloquio, in uno splendido palazzo parigino, per essere assunti come “badanti” del ricchissimo Philippe, paraplegico in seguito ad un incidente col parapendio. Tra di loro, e diverso da tutti, che appaiono precisi e preparati, c’è Bakari “Driss” Bassari, un esuberante ragazzo senegalese che vive di espedienti, alla ricerca non di un lavoro ma solo della firma per il sussidio di disoccupazione al fine di dimostrare la sua partecipazione a quanti più colloqui possibili e poter così continuare a godere dei benefici assistenziali. Driss non ha alcuna esperienza di lavoro coi disabili, ma durante il colloquio tratta Philippe come una persona “comune”, senza farlo sentire diverso, discutendo con lui di musica (classica contro pop/rap, lo stile amato da Driss ma non compreso da Philippe, e viceversa!) e di amore per le donne. “Mi serve solo una firma per il sussidio”, ribadisce onesto Driss. E invece sarà proprio questa disinvoltura a convincere Philippe che lui è quello giusto: non ha la pretesa di cambiare il mondo e non prova pietà per lui. Si riferisce a lui come a un uomo qualunque, non come a uno di cui parlare come se non fosse presente. Per cui, quando Driss torna a prendere il documento per la disoccupazione, certo di non essere stato assunto, viene a sapere, sullo sfondo dell’Ave Maria di Schubert che ascolta Philippe, di essere il prescelto. Per inciso, ogni volta che viene presentato uno dei due personaggi principali, passano il suo genere musicale preferito. All’inizio, quando si vede Philippe, c’è un valzer di Chopin, per fare un altro esempio.

Ma tornando alla trama, a Driss, felice quantunque sbalordito, quindi, non viene dato nessun documento, ma gli viene fatto fare un giro perlustrativo della casa che è favolosa, con un appartamento privato tutto per lui, proprio per lui che viene da una famiglia numerosissima e povera, dove solo per fare il bagno bisogna lottare e mettersi in coda! Philippe l’ha assunto anche per spezzare la monotonia della sua vita, e avere accanto qualcuno che non lo compatisca. È così che, lentamente, ma con un acume buffo e intraprendente, Driss, ragazzo di periferia appena uscito di prigione, inizia a prendere dimestichezza con l’assistenza a un disabile e impara la preziosa arte di sapersi prendere cura di un altro essere umano: come massaggiarlo, prenderlo, portarlo, fargli la doccia. Inizialmente confonde la crema per i piedi con lo shampoo (!) ma, un po’ alla volta, impara molto bene il suo nuovo ruolo, con sempre maggiore tenerezza che si infila nelle maglie dei suoi modi un po’ rudi e della sua ironia contagiosa che alleggerisce la vita, o almeno la rende più tollerabile per entrambi. È così che, in uno scambio proficuo di contenuti e valori, i due uomini riusciranno a tirare fuori ciascuno il meglio dell’altro, incoraggiandolo ad andare oltre le barriere del ruolo che si è lasciato imporre dalla società. La loro amicizia sarà profondissima e duratura, e i due amici diventeranno inseparabili e complici di molte “avventure”.

La critica:
Pare che Quasi amici sia il film francese di maggior successo di tutti i tempi.
Comunque sia, il bello assoluto di questo film è che qui l’emozione non viene analizzata, amplificata, narrata. Qui l’emozione tesse i fili della trama senza che ce ne rendiamo conto.
Driss/Omar Sy in stato di grazia (che vince giustamente numerosi premi, come vedremo poi) è incontenibile: attraverso di lui si sa ridere con i disabili e non dei disabili, andando oltre il politicamente corretto per guardare in faccia l’uomo che, nonostante l’immobilità, sa amare, provare sentimenti, arrabbiarsi, coltivare le sue passioni, scrivere e provare eccitazione. E si va oltre l’aspetto del badante senegalese, fuori e dentro di prigione, per accoglierne la grazia dei sentimenti dietro la rozzezza dei modi, la bellezza dell’uomo prima che la disgrazia del lavoratore disoccupato in cerca di dare un senso alla sua vita e di ritrovare un posto nella sua numerosa famiglia scalcagnata.
È così che, partendo da due mondi agli antipodi, i due amici si riconoscono come “simili”, ciascuno intoccabile per la società, anche se per motivi opposti, e uniscono le loro forze per creare un’amicizia speciale che perdura, anche nella realtà, al di là delle diverse condizioni e differenze sociali, e dà modo alla loro unione di sprigionare una forza che distrugge le barriere anche della solitudine.

Onore al merito anche alla sceneggiatura brillante e mai pietistica, alla regia di Nakache e Toledano, ma soprattutto agli attori protagonisti, semplicemente eccezionali. Francoise Cluzet riesce a recitare solo con la mimica del volto, talvolta arrivando a ruggire come un leone, altre a picchi di tenerezza indescrivibili. Difficile trovare un attore normo-dotato in grado di immedesimarsi così nel ruolo di un paraplegico e restituirlo con così tanta dignità ed espressività trattenuta, elegante e mai sopra le righe. Con grande professionalità, Philippe attore ha voluto incontrare il vero Philippe per essere certo di riprodurre in modo realistico la sua postura e gli atteggiamenti del suo viso.
La storia vera:
Come dicevamo, il film è ispirato a una storia vera, quella di Abdel Yasmin Sellou, Driss, nella realtà un algerino e non un senegalese, e Philippe Pozzo di Borgo, Philippe, appunto.
Oggi sono ancora amici, si telefonano e si vedono con regolarità, ma Philippe vive in Marocco e ha avuto due figli, Abdel ha una propria impresa in Algeria e tre bambini.
Entrambi, Sellou e Pozzo di Borgo, hanno scritto un libro che riguarda la loro storia e la loro grande amicizia: Mi hai cambiato la vita (Sellou) e Il diavolo custode (Pozzo di Borgo).

I numerosi premi:
Quasi amici ha avuto 15 nomination e ha vinto 2 premi: quello per il migliore film europeo (David di Donatello) e quello al miglior attore del 2012 a Omar Sy (Premio Cèsar).
Al di là dell’accoglienza strepitosa, del boom al botteghino e dello straordinario successo di pubblico e critica, questo film, almeno per me, ma sono certa non solo per me, ha già vinto fin dalle prime scene, viste in quel cinema scalcagnato a Laigueglia quando lo schermo mi ha mostrato, in pochi fotogrammi, un’amicizia davvero bella tra due “diversi”, distanti dalle convenzioni, dai cliché, dalla paura di essere criticati, e tra loro in qualche modo simili perché entrambi umanissimi e traboccanti di voglia di vivere davvero e di condividere un’amicizia speciale. Che poi è il sogno di tutti noi.
E perdonate se è poco…
Un abbraccio forte, Greta