È come un’unica emozionante strada quella che ti guida durante la visione di questo film musicale biografico intitolato semplicemente Judy, per la regia di Rupert Gold, tratto dall’opera teatrale End of the Rainbow. Un unico respiro legato alla voce da contralto di Judy Garland, straordinariamente riprodotta da Renée Zellweger che, in un racconto armonico, si lascia andare a ricordi avanti e indietro nel tempo senza soluzione di continuità, tanto che, quando due ore dopo finisce, ti lascia con l’amaro in bocca per il desiderio di vederne ancora. Perché è un film che passa in un soffio, come un unico soffio è stata la vita di questa interprete eccezionale.
Ieri sera l’ho visto per la prima volta e me ne sono innamorata. O forse, semplicemente, mi sono innamorata di nuovo di Judy Garland, della sua splendida voce, del suo personaggio controverso, sofferto, mai scontato.
Judy Garland, al secolo Frances Ethel Gumm, viene da una famiglia d’arte ma povera. Terza di tre sorelle talentuose con cui si esibisce, viene notata per sua fortuna – o sfortuna – dalla MGM che è ancora bambina, e da lì inizia la sua ascesa ma anche il suo calvario che le segnerà l’intera esistenza. Costretta a ritmi di lavoro estenuanti, viene imbrigliata in un rigido regime dietetico per sopportare il quale viene imbottite di anfetamine e poi sonniferi per riuscire a dormire almeno qualche ora, sempre meno, finché l’insonnia e la dipendenza da barbiturici e altri farmaci diventeranno la sua dannazione quotidiana. Parallelamente, però, conquista il mondo con la sua recitazione fresca e pulita, le sue famose trecce nere, la sua voce straordinaria e particolarissima. Avrà successo in una serie di commedie con Mickey Rooney, poi arriva l’enorme fama mondiale con Il mago di Oz, per cui vince anche il suo unico Oscar. Avrebbe dovuto portare a casa anche l’Oscar per la sua intensa interpretazione in È nata una stella di George Cukor, ma viene “defraudata” dalla nuova principessa Grace Kelly e dal suo Cigno. Le due interpretazione e i due film non sono neanche paragonabili e, mentre Judy segue incredula la cerimonia degli Oscar dall’ospedale, travolta dall’ennesima ‘cattiveria’ che le ha riservato lo star system, c’è da chiedersi quanta sfortuna debba avere avuto questa donna, sulla carta così fortunata, quanto dolore debba aver attraversato la sua vita per renderla un personaggio così scomodo e inaffidabile, nonostante le sue enormi doti. Tanto che, mentre negli anni Cinquanta il cinema è in ascesa perenne, la sua carriera precipita sotto un cumulo di matrimoni sbagliati (5), battaglie legali per l’affidamento dei figli, uomini che la sfruttano o la tradiscono, la depressione, l’alcolismo, l’epatite, la cirrosi e i tentativi di suicidio di cui, l’ultimo, forse, riuscito, mentre il suo corpo era comunque arrivato al capolinea nonostante avesse solo 47 anni; ma di vite Judy ne aveva vissute almeno cinque, e nessuna le ha portato la felicità. Neanche ai tempo d’oro di Met me in San Francisco. Dicono che la debacle inizi subito dopo l’insuccesso del film L’allegra fattoria accanto a Gene Kelly, film che tra l’altro ho amato (sarò forse tra i pochi…), ma il suo attaccamento al teatro, allo spettacolo, non subisce mai reale declino, e Judy continuerà ad esibirsi per un’esigenza dell’anima, prima ancora che economica, fino alla fine prematura nel 1969. Soprattutto a Londra. Soprattutto nei grandi teatri dove può assaporare il rapporto col pubblico che, nonostante la sua fragilità umana, giustamente la adora e, quasi sempre, dopo che intona le prime due note della prima canzone, si dimentica di tutti i pettegolezzi e ascolta rapito in religioso silenzio o si unisce titubante e commosso a una più matura e profonda interpretazione della canzone Somewhere Over the Rainbow, la colonna sonora de Il mago di Oz che forse più di tutto l’ha resa un’icona intramontabile.
La figlia maggiore dei tre, Liza Minnelli, nata dal matrimonio col famoso regista, rifiuta questo film e la sua visione. Speriamo, tra le righe, che si sia calcata troppo la mano e che la vita sia stata un po’ più dolce di così per Judy Garland. Sicuramente, Renée Zellweger le ha reso onore vincendo l’Oscar per questo film, e dedicandolo interamente a lei. Che di Oscar avrebbe dovuti vincerne a dozzine, se fosse appartenuta a un mondo un po’ meno puritano e prevenuto. Che non ha potuto nulla, però, contro la traccia indelebile che la voce e la personalità di Judy hanno lasciato nei cuori delle generazioni passate, presenti e future!
Con affetto e commozione,
Greta
È piaciuto molto anche a me, soprattutto perché non conoscevo la sua triste storia. E adesso voglio assolutamente rivedere Il mago di Oz! Brava Greta, hai centrato il punto come sempre. Un abbraccio dalla tua Sorella Tarocca Clara
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Grazie, detto da te è un onore! ☺️
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