Un medico, un uomo

Questa sera verrà riproposto, su TV 2000, alle 21.55, il film drammatico Un medico, un uomo, interpretato da William Hurt. Qui di seguito vi lasciamo l’articolo che abbiamo dedicato a questa pellicola intensa e toccante.


William MacKee è un chirurgo molto stimato, dal carattere deciso e sicuro di sé, anche troppo. Distaccato coi pazienti, arrogante con i colleghi, mantiene lo stesso atteggiamento anche nella vita privata. Con la moglie Anne il rapporto ormai si basa solo su conversazioni superficiali o che riguardano il figlio Nicky. Anche con quest’ultimo c’è poca affettuosità e dialogo.

Le cose cambiano drasticamente quando al dottor MacKee viene diagnosticato un tumore alla laringe: da medico diventa paziente (non molto paziente in realtà). È proprio affrontando gli esami di routine, e poi la radioterapia, che William capisce quanto sia difficile essere malati. Non solo per il dolore, ma soprattutto per la paura. Paura di non farcela, ma anche più semplicemente timore dell’ignoto; non sapere cosa gli succederà, come reagirà fisicamente alle terapie. Si affida alla migliore oncologa dell’ospedale, la dottoressa Abbott, in cui si rivede molto: per nulla comprensiva, fredda e presuntuosa.

Nel frattempo in sala di attesa conosce June, malata di cancro al cervello allo stadio terminale, che lo colpisce per il suo ottimismo e per la voglia di vivere. In breve tempo stringono un forte legame, con lei riesce a confidarsi, a sfogare la sua angoscia. Un giorno la donna gli rivela di avere un rimpianto nella vita: non essere potuta andare al concerto del suo gruppo preferito; così William decide di esaudire il suo desiderio e, senza dire niente alla moglie, porta June nel Nevada, dove si esibirà il gruppo. Durante il viaggio però la donna decide di fermarsi nel deserto, sulle rive di un lago, dove si metterà a danzare, coinvolgendo l’amico.

Al suo ritorno trova la moglie molto contrariata per il suo comportamento, e gelosa del rapporto che il marito ha con June. Dopo qualche giorno la dottoressa gli comunica che il tumore non è regredito, anzi, e che deve essere operato al più presto, con il rischio di rimetterci la voce. William, stanco dell’atteggiamento gelido di lei, le dice in faccia quello che pensa e tronca il rapporto medico, cercando invece l’aiuto di un otorino che da sempre ha schernito e deriso per i modi gentili, ma che ora gli sembra l’unico di cui fidarsi. La sera stessa va a trovare June per sfogare la sua frustrazione per l’operazione, ma la trova in pessimo stato e si dispiace per averle causato altri pensieri. Il giorno dopo la donna morirà, e per lui sarà un duro colpo.

L’intervento riesce, il tumore viene completamente asportato, ma non si sa se la voce gli ritornerà oppure no. Tornato a casa, il dolore per la perdita dell’amica e l’impossibilità di parlare saranno la chiave per ricostruire il rapporto con la moglie. Dopo una furiosa lite in cui William cerca di scatenare in lei una reazione, riesce a dirle “ti amo”; la voce sta tornando e con essa anche l’amore tra i due. 

Rientrato al lavoro dopo qualche tempo, William non è più quello di prima, è cordiale, comprensivo e molto più umile. E per trasmettere questi insegnamenti appresi durante la malattia decide di sottoporre il proprio staff a 72 ore da malati, facendoli ricoverare e affidando loro una malattia immaginaria, con cui dovranno immedesimarsi, con tanto di esami clinici, camici e cibo dell’ospedale. 

Quello stesso giorno gli viene consegnata una lettera: l’ultimo saluto di June. Gli dice di abbattere le proprie barriere e aprirsi con gli altri se vuole essere veramente felice.

Questa è la trama di Un medico, un uomo, film del 1991, diretto da Randa Haines. Il protagonista principale è William Hurt, affiancato da Christine Lahti ed Elizabeth Perkins.

Il genere è drammatico, ovviamente, ma non strappalacrime o melenso; piuttosto è un ottimo spunto, o almeno dovrebbe esserlo, per tutti quei medici che hanno perso di vista il loro scopo principe, che non è né il denaro né la fama, ma far stare meglio i pazienti. E questo non lo si fa soltanto prescrivendo medicinali come fossero caramelle, ma anche ascoltando e immedesimandosi, per quando possibile, in loro e nelle loro sofferenze. Credo che ogni medico dovrebbe trascorrere quelle 72 ore da malato, anche se per finta.

Ora fatemi sapere voi cosa ne pensate del film, se l’avete visto, o la vostra opinione sul tema trattato, che non è solo il cancro, ma la malattia in genere, e quale dovrebbe essere il giusto modo di relazionarsi tra medico e paziente.

Un abbraccio, Clara

2 pensieri riguardo “Un medico, un uomo

    1. Grazie a te per il commento. ❤️ È vero, è un film che dà molto su cui riflettere, e secondo me dovrebbero guardarlo soprattutto i medici, che spesso dimenticano che hanno a che fare con persone e non con “numeri”. Un abbraccio, Clara

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