Quarantasette coppie, tra cui le quattro protagoniste del film Per tutta la vita (2021), vengono a sapere che il loro matrimonio è stato officiato da un sedicente prete fasullo, e di conseguenza che le loro unioni non sono valide. E fino a qui il rimando a Immaturi è evidente… Le coppie in questione sono quindi costrette a risposarsi entro un mese dalla scoperta della verità, ma questa diventa inevitabilmente l’occasione per rimettere tutto in discussione e far saltare fuori vecchie ruggini e questioni irrisolte. La coppia che sta per divorziare, scoprendo di non essere mai stata sposata, subisce un forte scossone e si riavvicina, mentre altre coppie apparentemente inossidabili, di fronte alla possibilità di tornare indietro e riscrivere la propria vita, vacillano o vanno in crisi.
Perché mi è piaciuto questo film:
- Il cast corale di tutto rispetto: Claudia Gerini, Claudia Pandolfi, Carolina Crescentini, Ambra Angioini, Fabio Volo, Paolo Kessisoglu, Luca Bizzarri e Filippo Nigro, solo per citare i protagonisti. Doveroso ricordare anche la magnifica interpretazione di Ivana Monti nel ruolo di Ippolita, madre di Andrea (Nigro) e suocera di Paola (Pandolfi).
- Il conflitto maternità/lavoro. È proprio attraverso il rapporto tra Paola e la suocera, che viene trattato il difficile tema della “maternità a tutti i costi” e delle donne divise tra famiglia e lavoro, e spesso costrette a scegliere. Come per quanto riguarda altri dilemmi che pone il film, a partire da Paola e Andrea si sviluppa una trama parallela, con al centro il conflitto maternità/lavoro, gestita con grande sensibilità e attenzione insolita, senza mai scadere nel banale.
- Il contributo della scrittrice. Qui probabilmente è stato importante anche il contributo che la scrittrice Antonella Lattanzi ha dato alla sceneggiatura.
- Il genere Dramedy. La commedia è decisamente insolita. Non divertente come nelle previsioni, ma più profondo e intelligente di quanto mi aspettassi. Finisce per essere una storia anche drammatica dove si riflette molto. Appartiene, infatti, a un genere che scopro chiamarsi dramedy: una brutta parola che però rende l’idea!
- La sceneggiatura e la collaborazione di Genovese. Il film è scritto e diretto da Paolo Costella, ma si percepisce decisamente la mano di Paolo Genovese nella sceneggiatura. A noi Sorelle Tarocche Genovese piace molto: di solito lo consideriamo garanzia di qualità. E anche in questo caso potrebbe aver fatto la differenza. Basti pensare ad alcuni suoi meritati successi come: Immaturi (2012), Tutta colpa di Freud (2014) e Perfetti sconosciuti (2016).
- La regia e le premesse mantenute. Per concludere, lascio direttamente la parola a Costella, il regista, citando un brano da una sua intervista che mi sembra particolarmente significativo: “Quando abbiamo cominciato a scrivere e siamo andati alla ricerca di possibili risposte a questa domanda (cosa succederebbe se alcune coppie scoprissero di non essere sposate veramente) – curiosa, all’apparenza semplice, leggera – ci siamo resi conto che le storie che potevano nascere erano tante – non sempre così leggere, a dir la verità – almeno quante sono le insidie che si possono nascondere in relazioni spesso solo apparentemente risolte. Il mio desiderio è stato da subito di andare al cuore delle vicende, saltando preamboli ed epiloghi, concentrarmi nel frammento di vita in cui i personaggi si ritrovano ad affrontare questa pausa di riflessione forzata, seguirli con discrezione, adottando uno sguardo silenzioso, diretto; nascondermi all’interno delle loro case, spiando nella loro intimità, aspettando i momenti in cui la crisi – prima o poi, ineluttabilmente – sarebbe esplosa.” Mi pare proprio che il regista sia riuscito nel suo intento, centrando i problemi senza giri di parole, e trasmettendo allo spettatore proprio quelle tematiche che voleva veicolare e quelle emozioni che si era ripromesso di suscitare. Infatti, il film risulta essere appassionante e mai scontato, in sintonia con le premesse espresse da Costella.
Consigliato!
E voi? Avete già visto questo film? Se sì, cosa ne pensate?
Un abbraccio, Greta