È un caldo martedì sera d’agosto, come sempre scrivo un messaggio a Greta per chiederle cosa pensa di guardare in TV, aggiungendo che a me ispira il film biografico e drammatico Big Eyes. Lei mi risponde, quasi immediatamente, che ispira anche a lei. “La solita telepatia delle Sorelle Tarocche” replico io. Nessuna delle due l’ha mai visto (io non ne avevo neanche mai sentito parlare), ma la trama invoglia.
Diretto da Tim Burton nel 2014, racconta la difficile vita e la meritata rivincita di Margaret Ulbrich Keane, artista americana degli anni ‘50, i cui dipinti, in cui vengono ritratti bambini con occhi molto grandi e tristi, sono diventati famosissimi in tutto il mondo, e richiesti dai più importanti musei.
La storia inizia quando Margaret lascia il marito Frank e parte alla volta di San Francisco con la figlia Jane. Lì incontra molte difficoltà a trovarsi un lavoro, e inizia così a dipingere per strada, assieme ad altri artisti. Tra questi, incontra Walter, i due si innamorano e lui diventa in breve tempo il suo secondo marito.
Quando Walter comincia a intuire che le opere della moglie hanno un ottimo potenziale, decide di farle passare per sue. La motivazione, almeno all’inizio, sembra nobile: l’uomo dice a Margaret che spacciando i quadri come suoi attirerà maggiormente l’interesse, perché di donne artiste famose, in quegli anni, ce ne sono veramente poche. Lei, molto innamorata, ingenua e di carattere troppo docile, acconsente. Ma più cresce la fama, più la cosa sfugge di mano a Walter, e più la donna si pente della decisione presa, perché sente di aver tradito la sua arte e di essersi “persa”.
A Walter va riconosciuto il merito di sapersi “vendere bene”, ma tanto è affascinante e brillante nella vita pubblica, quanto è oppressivo e prepotente in quella privata. In più Margaret scopre che il marito non è affatto un artista, come faceva credere, ma solo un truffatore. Stanca di vivere nella menzogna, la donna gli dice di volersi riappropriare dei propri lavori, e lui dà in escandescenze, diventando molto violento, tanto da tentare di ucciderla. Margaret allora prende la figlia e scappa alle Hawaii. Lì grazie all’incontro fortuito con alcune donne, testimoni di Geova, l’artista troverà il coraggio per denunciare Walter e riappropriarsi della propria arte.

Questo film apre un’ulteriore finestra sulla discriminazione subita dalle donne che, in quel periodo storico, difficilmente potevano trovare un lavoro, e ancora più raramente riuscivano ad avere una posizione di successo. Margaret in più era divorziata, altro fattore gravemente discriminante.

Concludo dicendo che questo film merita di essere visto, la storia è appassionante e gli attori protagonisti, Amy Adams e Christoph Waltz, sono perfetti per le parti da interpretare. Tim Burton si conferma eclettico e “a fuoco” come in tanti suoi lavori. Ora sarei curiosa di vedere l’altro film biografico, diretto da lui nel 1994: Ed Wood.
E voi? Conoscevate Big Eyes e la storia di Margaret Keane? Cosa ne pensate?
Un abbraccio dalla vostra Clara
Curiosità:
- Il film ha vinto un Golden Globe per la miglior attrice (Amy Adams).
- In origine i protagonisti dovevano essere interpretati da Reese Witherspoon e Ryan Reynolds, che però, dopo un anno, hanno abbandonato il progetto.