Questa sera TV8 ripropone, alle 21:30 circa, il bellissimo film Io prima di te. Qualche tempo fa abbiamo pubblicato la sua recensione, di cui vi lasciamo il link qui di seguito: Io prima di te – a quattro mani. Qui sotto invece trovate l’articolo dedicato ai tre romanzi di Jojo Moyes da cui è stato tratto.
Che abbia amato il film, entrato a sorpresa e di prepotenza tra i miei preferiti solo di recente, si era già capito (a parlare è Greta).
Quello che non avrei pensato è che il libro omonimo mi avrebbe presa ancora di più. Dovete immaginarvi la situazione per capire: mio marito me l’ha regalato per Natale, sapendo che era tra i miei grandi desideri, però avevo prima altri libri da leggere in programma e, soprattutto, un po’ me lo pregustavo, un po’ lo temevo come si temono forse sempre un po’ le cose che ci sono piaciute talmente tanto e immediatamente da avere paura, in seconda battuta, di una seppur lieve delusione.
Così è restato sul comodino fino a febbraio.
Avevo un mal di denti che levati, quel giorno. Il dentista mi aveva fatto una manovra dolorosissima al trigemino, ero a letto con la borsa dell’acqua calda, senza trovare pace, gli analgesici, per quel dolore, utili più o meno come caramelle al miele, e forse neanche. E allora mi sono detta che una coccola proprio me la meritavo, una buona distrazione anche. E per me, quando sto così, che non riesco neanche a parlare e non mi va di fare nulla, ci vuole solo qualcosa che mi faccia volare fuori da me. E questo, grazie al romanzo Io prima di te (Mondadori 2013), mi è successo in modo cento volte più forte di quanto potessi immaginare o sperare. Io non ho letto di Louisa Clarck, del suo mondo buffo e colorato, del suo amore incomprensibile ai più e sano e denso di vita per un uomo molto malato che non vede altra alternativa che la morte. Io sono stata Louisa Clark, ho pianto e riso con lei, ho cercato di capire lei e Will Traynor quanto l’uno si è sforzato di comprendere l’altro, ho sofferto per la decisione finale, l’ho digerita, capita, accettata, sofferta di nuovo. Ho tifato per il loro amore prima e per la vita di Lou poi, che potesse diventare altro da sé, così come la vedeva William che le ha ricostruito addosso i suoi panni e la sua dignità, l’ha convinta a capire e a capirsi, e soprattutto ad amarsi e perdonarsi ogni giorno sempre un po’ di più. Perché Louisa possa davvero dire che c’è un prima e c’è un dopo, per tutti, e in mezzo qualcosa di straordinario. Che per lei è stato Will, sarà per sempre Will che con la sua influenza e il suo amore puro la coinvolge in un dopo che, per quanto triste, non sarà mai vuoto come prima, prima di lui.
Mi sono anche tanto divertita, che non crediate si tratti di un libro noioso o solo drammatico. Ci si diverte davvero e si sogna parecchio. E alla fine piangere è anche liberatorio, perché la vita può essere davvero bastarda e ingiusta, a volte, ma questa non è la morale della favola. E nonostante il mal di denti e la mia giornata nera non posso far a meno di sentirmi più viva che mai, e grata per tutto quello che ho, con una voglia pazzesca di mettermi alla prova e girare il mondo, almeno tramite Lou. Per cui, presa da entusiasmo gioioso mi precipito in libreria, il giorno dopo, con la guancia ancora gonfia e il cuore di più, per comprarmi il seguito: Dopo di te (Mondadori, 2016). Sì, lo so che mi conoscete come un’assidua frequentatrice di bancarelle e biblioteche, ma io questo libro lo voglio avere, lo voglio mettere accanto al primo volume della serie sulla mia libreria, lo voglio poter rileggere ogni volta che mi viene in mente, voglio sapere che nella mia libreria c’è. Come tutti i libri di Andrea De Carlo, Isabel Allende, Primo Levi, Milan Kundera, le sorelle Bronte, per capirci. Come quei libri che non posso semplicemente prendere in prestito perché entrano a far parte di me, del mio vissuto.
Seguo quindi Louisa nelle sue avventure in Dopo di te, e non è per niente facile, e il dolore e la rielaborazione del lutto e il senso di colpa non sono noccioline da gestire, per lei come per il lettore, tanto che questo secondo libro ti lascerebbe con un leggero retrogusto amaro se non fosse che ti porta inevitabilmente al terzo: Sono sempre io (2018). E lì si torna a sognare in grande, a scoprire il mondo questa volta per davvero, e non solo attraverso timidi sogni o tentativi, flash di racconti. Il mondo, quello vero, che Louisa impara ad indagare rinunciando alla sua nuova stabilità e ai suoi affetti, di cui forse uno particolare. Ma è troppo presto, per Lou, per concentrarsi di nuovo su un uomo solo. E la vita è una e non va sprecata, le ha insegnato Will. E così riuscirà ad essere sempre lei anche nella straordinaria città di New York, a mettersi nei pasticci, come suo solito, ma ad aiutare, anche, molte persone tristi, sole o semplicemente bisognose di un’amica speciale e generosa come lei. Che poi il suo nuovo amico americano è la copia sputata di Will Traynor. Ed è difficile non credere alle coincidenze. Ma Louisa non smetterà di ascoltare soprattutto il suo cuore, le sue passioni, che la guideranno sulla strada verso la verità ultima e piuttosto straordinaria, come straordinaria è lei, la dolce protagonista di questi tre romanzi che impari ad amare talmente tanto da chiederti ripetutamente: “Ma ci sarà, poi, un quarto volume?” E la risposta penso possa essere sì.
I lettori hanno spinto la Moyes a scrivere il secondo e il terzo romanzo anche se non pensava di poterlo fare, né di volerlo. E sono usciti altri due capolavori della letteratura contemporanea. Spero che di nuovo i lettori, con i potenti mezzi della tecnica e dei social, arrivino fino al cuore della scrittrice e la convincano a restituirci Louisa, almeno per un po’, almeno fino a quando non saremo sicuri che è tranquilla, sta bene e ha trovato davvero la sua strada. Perché a Louisa Clarck ci si affeziona sul serio, se non l’aveste capito. Ma mi sa che l’avete capito già, e anzi vi viene un po’ da sbuffare, forse. Se non fosse che spero che tra di voi ci siano altri fortunati lettori della Moyes che allora sanno a cosa mi riferisco. Esattamente. E le spiegazioni non servono.
O no?
Siete d’accordo con me?
Un abbraccio, comunque, a tutti, Greta
Curiosità: Io prima di te è stato ispirato a un reale fatto di cronaca: Jojo Moyes ha sentito alla radio la notizia di un giovane campione sportivo che, diventato tetraplegico in seguito ad un incidente, ha convinto anni dopo la sua famiglia ad accompagnarlo alla clinica Dignitas in Svizzera. Questa storia – oltre al fatto che la scrittrice ha convissuto con ben due familiari dipendenti dagli altri in tutto e per tutto, in seguito a una malattia invalidante, – ha convinto la Moyes ad approfondire il tema che le stava molto a cuore, e a suo modo.