(Tratto da Autoimmune, romanzo ancora inedito di Greta)
Un articolo a parte merita senza dubbio la passione del mio Amore per i presepi. Tutti i presepi: da quello vivente e gigantesco a quello microscopico costruito con la plastilina dal figlio del vicino, tre anni. Gli piacciono i presepi in qualunque location: cortecce di alberi, grotte, caverne montane, pini marittimi, chiese, barche, strade, cimiteri e anfratti di ogni genere. Adora i presepi tradizionali, meglio se napoletani d’origine, ma anche quelli strani, costruiti nello spazio (ancora le navicelle che tornano) o composti da abitanti esotici di paesi lontani. Peruviani, cambogiani, australiani, nipponici e lapponi: lui i presepi li ama tutti. La passione per il presepe non arriva ogni anno, sotto Natale, per poi lasciare il posto con l’intiepidirsi delle temperature ad altre passioni primaverili o almeno estive. No: lo potrete vedere, l’ingegnere, in pieno agosto segare, piallare, costruire, affinare, sotto il solleone delle due del pomeriggio, nel deserto del nulla, la nuova e sempre più articolata struttura atta ad accogliere il suo nuovo trionfante presepe.

I primi anni, ignara di cotanta fissazione, ero felice che il mio uomo condividesse la mia passione in quanto figlia fiera di gente del sud che il presepe l’ha sempre amato, venerato addirittura, e tirato fuori come i più l’8 dicembre o perfino il giorno della Vigilia per poi riporlo con l’Epifania laddove i bei ricordi natalizi vanno riposti: in soffitta o in garage e comunque nel dimenticatoio per tutto l’anno a venire.
Un dubbio, il primo labile dubbio, che la sua passione potesse trasformarsi in una fissazione, mi è venuto quando di botto ho trovato tutto il mobile del salotto svuotato di libri e ninnoli e riempito di muschi e licheni. Forse avrei ancora pensato ad una bella novità se non fosse che, mentre libri e ninnoli marcivano in garage durante una quanto mai inopportuna inondazione causa tubo di scarico rotto, parallelamente marciva anche il mobile del salotto inumidito dai suddetti muschi e licheni, nonché da laghetti, fontane e fontanelle, atte a rendere più bucolico il presepe, che di fatto stavano corrodendo vistosamente lo strato superficiale del nostro mobile principale. Sapendo quanto F. vada fiero delle sue scelte oculate e che nulla viene dall’ingegnere lasciato al caso, ho trovato quantomeno strano che alla scoperta dell’inondazione non seguisse un immediato stato di allerta con conseguente reazione razionale ma semplicemente una rassegnata presa di coscienza subito seguita, però, dall’essenziale osservazione che il presepe doveva trovare un’ubicazione più degna ad accoglierlo, quasi che fosse colpa del nostro mobile migliore e più caro quella di non essere stato all’altezza di tale compito.

A seguito di altri disastri di vario genere, da me ignorati per pigrizia di carattere e amore del quieto vivere – “un uomo potrà avere pure le sue passioni e coltivarle, no?! Vorrai mica tarpargli sempre le ali!?” – ho iniziato però a preoccuparmi seriamente quando un anno – eravamo sicuramente a novembre se non ancora ad ottobre – è arrivato a rovesciare un intero sacco di fango e lapilli sui ripiani della cucina, penisola compresa (e anche sul pavimento bianco, a dire il vero) per dar vita al suo sogno del ‘Presepe nel deserto’.
A quel punto è diventato necessario richiamarlo alla realtà. Dopo svariati mesi passati a tirare su fango e sabbia, ha dovuto convenire con me che una soluzione andava trovata. E, naturalmente, l’ingegnere la soluzione non la trova a caso, ma la cerca e la ricerca per innumerevoli giorni, sere, mesi, anche anni se necessario. Ma poi la trova, la soluzione, sempre.

Per le sere a venire, perciò, si è chiuso in camera curvo sulla scrivania, righello e fogli alla mano, matite e colori, e ha progettato lei, la Struttura, perfezionata poi nei mesi successivi in ogni occasione: gite in montagna, pranzi al ristorante, domeniche di pioggia che, si sa, l’ispirazione non la si può bloccare o fugge via. E non ha progettato una struttura qualunque, intendiamoci, tipo due cavalletti, un tavolino e via, ma un vero teatrino a dimensione naturale come quelli degli artisti di strada: altezza due metri, larghezza poco meno, da inserire nel centro del nostro soggiorno-cucina che di metri ne conta poco più del doppio. Riflettendoci, il presepe ha preso negli anni una dimensione talmente ingombrante che alla fine si è sostituito al posto del divano e anche del tavolo. Mangiamo a malapena stretti tra il presepe e la tv, sbattendo lo stinco ogni volta che passiamo da una parte all’altra del salotto per accedere all’unico terrazzino che, rispetto al presepe, sembra quasi un’appendice.
E F. non si ferma qua, perché la cura di prospetti e prospettive e la costruzione di case, casette, siepi e muretti a secco dipinti a mano, di anno in anno, ha richiesto sempre più tempo e perizia al punto tale che già a febbraio, appena smontato l’annuale presepe che ha troneggiato per due mesi abbondanti (almeno) al centro del nostro piccolo appartamento, mi chiede seriamente preoccupato:

“Ce la farò, l’anno prossimo, a costruirlo come l’ho in mente? In fondo mancano pochi mesi…”
Certo, perché a lui di far una cosa semplice e fugace non gli viene neanche in mente. Che sia passione per la sua donna, il suo lavoro o un teatrino di legno c’è solo un modo per far le cose nel mondo degli ingegneri quelli veri: farle bene. Anche troppo, a volte.
Ma meno male che esistono ancora uomini così… Grazie Amore…
Quest’anno, però, stanchi entrambi – ebbene sì, anche, perfino lui! – di accogliere mega strutture in salotto, e soprattutto dietro preghiera delle nipotine e di mia sorella, il presepe, il mio F., l’ha costruito qui e poi l’ha trasportato e montato da loro, dove solitamente festeggiamo il Natale. Per mesi e mesi la cameretta/studio/disbrigo (e chi più ne ha più ne metta), è diventata il laboratorio di uno zio presepista se possibile ancora più accanito e perfezionista: attento a seguire tutti i desideri delle nipotine e a mettere “in sicurezza” le luci e il vapore del camino.



È risultato così un presepe straordinario, anche se ho dovuto quasi obbligarlo ad andarlo a montare dalle piccole sennò lo preparava per il prossimo anno, tanta era la sua precisione che si nota da un’incredibile dovizia di particolari!



Le nipotine, comunque, sono state felicissime, e il presepe di quest’anno per me è strepitoso, pieno della fede pura di F. e dell’amore di uno zio innamorato per le sue adorate nipoti!
🙂 grazie Sorelle Tarocche….. Voi sì che…. Apprezzate!! :-). Un abbraccio, Fabio.
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Grazie a te, caro Ingegnere! I tuoi presepi sono opere d’arte! Un abbraccio dalle Sorelle Tarocche
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