D’accordo. Per me Jojo Moyes significa Io prima di te, Dopo di te e Sono sempre io: la trilogia che vede al centro Louisa Clark, in pratica.
Gli altri suoi libri li ho spilluzzicati qua e là, senza troppa convinzione, e mi hanno lasciato l’amaro in bocca se paragonati a quelli che raccontano la storia di Lou e che considero tra i più belli che abbia mai letto. Davvero. E so che li rileggerò ancora molte volte.
Però, se mi conoscete un po’, sapete anche che a me non piace partire prevenuta con i libri. Come mi accade con le persone, preferisco farmi un’opinione personale, e non mettere etichette anzitempo. E per fortuna, perché avrei perso tanto, tantissimo, se non avessi letto con grande attenzione l’ultimo capolavoro di Jojo Moyes: Ti regalo le stelle. Da gustare dalla prima all’ultima pagine, da assaporare poco alla volta, da approfondire, cercando le connessioni e tornando anche indietro per capire meglio.
Perfino i “titoli” dei capitoli sono geniali e fanno riflettere molto, perché la scrittrice ha scelto di anticipare alcuni capitoli con un breve ma efficace trafiletto preso dal giornale dell’epoca, o con una citazione letteraria a tema tratta da Piccole donne, Via col vento o altri romanzi tra Ottocento e Novecento, che in poche parole possano riassumere il senso più recondito del suo sentire, della sua posizione rispetto a ciò che racconterà il capitolo e il contenuto anche meno immediato di quello che andremo a leggere subito dopo. I “titoli” sono dunque una mappa per capire meglio il romanzo, attraverso cui l’autrice ci strizza l’occhio e ci ricorda che siamo in presenza di una STORIA VERA, almeno in parte.
Parallelamente al racconto principale l’autrice porta avanti tre temi fondamentali:
– la lotta per l’uguaglianza delle donne e per il loro diritto alla cultura.
– la lotta per l’uguaglianza di tutte le razze.
– la denuncia indignata dei grossi proprietari di miniere che sfruttavano i minatori, specie se di colore, trattandoli peggio di animali e costringendoli a lavorare per pochi soldi in condizioni precarie, disumane e pericolose.
Ma vediamo la trama più da vicino.
1937. Alice è un’elegante e affascinante ragazza inglese con un perfetto caschetto biondo morbido, un perfetto accento britannico e modi perfetti. Perfetta, in pratica, per Bennett Van Cleve, giovane e ricco americano che, quando scopre che Alice è pure di origini aristocratiche, non esita a farle la proposta di matrimonio. Alice lo conosce appena, ma ne è profondamente infatuata e, soprattutto, vuole fuggire dall’isolamento nel quale l’hanno rinchiusa i suoi genitori e dal clima opprimente della sua casa per cui accetta di sposarlo “con la prontezza di un uccellino che vede schiudersi la porta della sua gabbietta”.
Fin da subito, però, le cose non andranno come Alice si aspettava, perché il suocero Geoffrey, vedono da poco più di un anno, sarà con loro anche durante il viaggio di nozze – nella traversata verso l’America -, e Bennett deciderà di vivere nella casa di famiglia nel Kentucky, in un paesino campestre, Baileyville, insieme al padre che impone subito il suo carattere prepotente e violento e il ricordo ossessivo della moglie pia e bigotta con tutti i suoi ninnoli sparsi per la casa-museo che Alice non può neppure toccare. Invadente e aggressivo, Geoffrey è il dispotico proprietario della miniera locale di carbone dove sfrutta gli operai e li costringe a lavorare per pochi soldi in una situazione di scarsa sicurezza.
Alice si trova perciò prigioniera, ancora più di prima e in mezzo a sconosciuti, in un paese straniero, dove è vista con sospetto per il suo accento, la sua eleganza e i suoi modi aristocratici. Il marito, poi, non la sfiora neppure. Inizialmente, Alice attribuisce la mancanza di intimità alla presenza invadente del suocero, ma questa diventerà poi col tempo una costante del suo triste e freddo matrimonio, e la giovane sposina si sente sempre più sola.
A salvarla dalla depressione sarà la partecipazione a una nuova iniziativa del villaggio: la biblioteca errante, documentata come una realtà storica del periodo. Con un piccolo gruppo di donne, Alice verrà incaricata di portare la cultura in tutta la zona limitrofa, arrivando con libri e i giornali fin sui più impervi sentieri di montagna, con qualunque tempo e condizione del terreno. Alice e le altre bibliotecarie a cavallo saranno una benedizione per tutti coloro che vivono isolati o addirittura in condizioni di analfabetismo, e non sarà raro che le ragazze si fermino addirittura a leggere nelle case per portare un po’ di gioia ai bambini o conforto agli ammalati. Le bibliotecarie a cavallo sono quindi molto amate, anche se c’è chi dice che sia disdicevole per una donna andarsene a zonzo per i boschi, e che alcuni contenuti dei libri che diffondono siano inappropriati. Sarà invece proprio grazie a un libro di educazione sessuale, scritto da una dottoressa e divulgato dalla biblioteca errante, con grande profitto di alcune donne completamente all’oscuro circa i “meccanismi dei doveri coniugali”, che Alice comincerà a capire che non è colpa sua se il marito non la desidera, e che il suo matrimonio non può continuare così. Una sera che il suocero, più ubriaco del solito e intenzionato a farla smettere di lavorare, la picchia selvaggiamente, Alice fugge di casa e si trasferisce a vivere a casa della sua nuova migliore amica, Margery O’Hare, bibliotecaria e donna dal carattere forte e coraggioso, che vive in “concubinaggio” con un uomo che lavora alla miniera da più di dieci anni senza volersi sposare, e sfidando così tutte le convenzioni dell’epoca. Quando Margery, poi, resterà incinta, sarà l’occasione per Geoffrey e i suoi oppositori, nonché per tutti coloro che vogliono la chiusura della biblioteca, di cercare di annientarla gettandole fango addosso. Margery si batte, spalleggiata dalle amiche, per i diritti dei minatori, e Van Cleve la odia al punto tale da farla ingiustamente incarcerare – tramite corruzione dello sceriffo e altri maneggi – proprio mentre è incinta e sta per partorire, accusandola dell’omicidio di un uomo che l’ha aggredita durante un giro a cavallo in una zona particolarmente isolata. Per le bibliotecarie erranti sembra la fine di tutto, e Alice decide di tornarsene in Inghilterra, nonostante l’attaccamento che ormai prova per il suo lavoro, le amiche, e Fred, un amico speciale che l’ha aiutata in molte situazioni e si è profondamente innamorato di lei, forse poco alla volta ricambiato…
Ti regalo le stelle è ispirato a una storia vera ma anche una bella e affascinante fiaba, e come in tutte le favole che si rispettino il finale non può che essere “e vissero felici e contenti”… Ma lascerò al lettore il piacere di scoprire come si arriva al lieto fine, permettendomi di consigliare vivamente questo lungo e intricato romanzo pieno di personaggi interessanti, colpi di scena e informazioni storiche di grande interesse!
Per chi se li fosse persi, vi lascio i link agli articoli dedicati a Jojo Moyes: Io prima di te – a quattro mani e Io prima di te – i tre capolavori di Jojo Moyes.
E voi? Avete letto questo romanzo? Conoscete la scrittrice Jojo Moyes? Sono curiosa di sapere la vostra opinione!
Vi abbraccio, Greta