Quello che colpisce di più di Una famiglia quasi perfetta, thriller appassionante di Jane Shemilt, è la piacevolezza della scrittura: fluida eppure densa, mai banale o solo funzionale alla trama nella scelta delle parole e nella costruzione delle frasi, cosa davvero insolita, per una giallista.
Il libro colpisce per l’alto livello letterario e per la capacità non scontata di far immedesimare il lettore fino in fondo nelle vicende della famiglia protagonista, e in particolar modo nella psiche della madre protagonista. La qualità artistica della scrittura si mescola all’abilità nel fotografare la realtà per come viene percepita, nuda e cruda, dai protagonisti e, di conseguenza, anche dal lettore. L’autrice non si fa mancare momenti in cui indugia in descrizioni poetiche della natura e del cambio delle stagioni, meravigliose e nel contempo funzionali a “far tirare il collo” al lettore che va quasi in apnea per la suspense che si viene a creare frammentando le vicende e interrompendo il ritmo narrativo.
Un thriller ben congeniato, quindi, nella trama come nella costruzione dei personaggi ma, anche, insolito per com’è svolto e sviluppato. Un thriller moderno, si potrebbe definire, anche per la capacità di utilizzare a fondo le conoscenze della psicologia contemporanea, qui indispensabile alla comprensione del plot.
E veniamo proprio alla trama, ora. Al centro della vicenda, o a capo, forse è meglio dire, c’è Jenny, madre e medico super impegnato, pittrice per vocazione e poi per disperazione e bisogno di fuga, sposata con Ted, famoso neurochirurgo, troppo preso dalla sua carriera per occuparsi dei loro tre figli: i gemelli Theo ed Ed, e la “piccola” Naomi di sedici anni.
Una famiglia apparentemente perfetta: ricca, con una bella casa e un vasto giardino, una governante che si occupa di quello che la madre non può fare per mancanza di tempo. I genitori sono realizzati e i figli studiosi, brillanti, impegnati nello sport e, la più piccola, anche nella recitazione come protagonista di West Side Story, (l’intramontabile musical di Bernstein basato sul Romeo e Giulietta di Shakespeare) per il teatro della scuola.
Purtroppo Naomi, proprio dopo l’ultima rappresentazione dello spettacolo, sparisce. La madre, troppo stanca per aspettarla sveglia, si addormenta in cucina, il padre torna all’alba dopo una giornata interminabile trascorsa in ospedale, o così si suppone, e così danno l’allarme troppo tardi quando ormai Naomi è scomparsa senza lasciare tracce, almeno apparenti.
Fuga volontaria o rapimento? È stata uccisa, violentata, o è scappata con quell’uomo adulto che, si scopre, all’insaputa di tutti e anche del suo stesso ragazzo, frequentava?
Mentre le indagini proseguono seguendo a tappeto qualunque traccia in ogni direzione, i genitori cominciano anche a domandarsi quanti e quali possano essere i loro nemici. Si pensa ai parenti di una bambina che è stata danneggiata da un intervento neurochirurgico nel reparto dove lavora Ted, o al padre di una bimba a cui troppo tardi Jenny ha diagnosticato la leucemia dopo varie visite. Si scopre perfino che Ted, l’apparente perfetto marito innamorato, ha una relazione con un’infermiera, Beth, ed era da lei la notte che Naomi è scomparsa. Beth ha conosciuto Naomi quando è andata a fare tirocinio durante l’estate nell’ospedale del padre, e rientra così nella rosa dei sospetti. Ma, una volta scoperchiato il vaso di Pandora, gli orrori non finiscono qui, perché emergono storie di droga tra adolescenti e traffico di stupefacenti e medicinali presi dall’ambulatorio del padre e dalla borsa medica della madre. Si scopre che Naomi non era più la bimba ingenua che si ricordavano. Teneva in piedi due relazioni contemporaneamente ed era incinta. Aveva iniziato a mentire ai genitori e smesso di parlare con la madre la quale, sempre troppo presa dal lavoro, si colpevolizza per non aver saputo cogliere i segnali dei cambiamenti nella figlia.
Passo dopo passo, la perfezione lascia posto all’orrore, ma anche la menzogna alla verità, e Jenny scopre che nessuno è al di sopra di ogni sospetto, ma che è proprio questo che i suoi figli hanno temuto: sembrare un po’ meno perfetti ai suoi occhi. Messi da parte i pregiudizi e la rabbia, Jenny, dopo quattordici mesi è pronta a intraprendere la strada che la porterà alla risoluzione del caso, accompagnata dalla polizia e soprattutto da Michael, un poliziotto che fin dall’inizio si prende cura di lei, e che forse diventerà qualcosa di più di un semplice amico.
Potrei continuare per ancora molte pagine perché questo lungo romanzo lo meriterebbe, e mi piacerebbe proseguire, ma penso di aver già detto anche troppo e che ora spetti al lettore scoprire la verità. Pagina dopo pagina. Dalla prima all’ultima.
E voi? Conoscevate questa scrittrice? Avete letto qualche altro suo giallo? Sarei curiosa di saperlo, visto che questo è il primo libro di Jane Shemilt che mi capita di leggere, ed è stata davvero una bella scoperta!
Vi abbraccio, a presto,
Greta