Fermate il boia… Sulle tracce della commedia prima parte

Dedicato a Francesca S. fedele lettrice e appassionata di Agatha Christie
almeno quanto me…

Il titolo originale è Mrs McGinty’s Dead, ovvero La morte della signora McGinty. Per una volta, il titolo nella versione italiana – Fermate il boia – è più calzante e appropriato.

Il romanzo è del 1952, quindi del periodo della “maturità” di Agatha Christie e, non a caso, uno dei meglio riusciti.


Tiene incollato il lettore dalla prima all’ultima pagina. Letteralmente. Provare per credere.

Hercule Poirot è particolarmente brillante e, nonostante l’amore della sottoscritta per il personaggio di Hastings, qui non se ne sente particolarmente la mancanza.

Ho scelto di parlarvi di questo romanzo non a caso, tra i molti letti – praticamente tutti – di quest’autrice. Perché è particolarmente avvincente, quindi, ma anche perché mi sono divertita ad indagare a mio modo, vedrete poi come.

La trama è presto detta: James Bentley è un giovane pensionante della signora McGinty, un’anziana domestica a ore che viene trovata assassinata nel suo appartamento. Non ci sono tracce di effrazione, come se la vittima conoscesse bene il suo assalitore. Vi sono segni, però, di rapina, e James Bentley è disperatamente povero e disoccupato. Quando la refurtiva viene trovata nascosta nella stessa casa dove abitano i due, e viene rinvenuto po’ di sangue della vittima sul polsino della camicia di James, la polizia non ha più alcun dubbio, come più tardi la giuria: James Bentley è colpevole e viene condannato a morte.

Il sovrintendente Spence, (già famoso per essere apparso in diversi volumi della Christie) però, non è del tutto convinto della colpevolezza del giovanotto, troppo timido, nervoso e impacciato per il quadro psicologico che ci si fa normalmente di un assassino.

Si rivolge quindi a Poirot per un consiglio e un aiuto nelle indagini. Anche il famoso investigatore belga è dello stesso parere, e si darà perciò da fare per scagionare il signor Bentley e incastrare il vero colpevole. La storia, inizialmente semplice e lineare, si complica parecchio quando, nel corso delle indagini di Poirot, emergono vari indiziati e svariati moventi. Da qui in poi, i colpi di scena sono assicurati, fino all’ultimo, geniale, epilogo.

Non vi dico di più per non rovinarvi la sorpresa, ma vi raccomando la lettura di questo che è tra i più densi e riusciti gialli di Agatha Christie.

Resta da rilevare che qui, più che in altri romanzi, la Christie si diverte a prendersi gioco del suo personaggio più famoso, Hercule Poirot: nessuno o quasi lo riconosce, e lui si dispera e non si capacita di essere così poco famoso, seppur in paesino sperso della campagna inglese. Ogni volta che si presenta lo fa con prosopopea e la sicurezza di essere già celebre e, quando viene smentito, non manca di restarci male, sbigottito. Questi momenti divertenti e ironici rendono ancora più gustoso il romanzo.

Così come seguire le “tracce della commedia”. Mi spiego: qui la Christie si svela e ci svela quelle che devono essere le diatribe che precedono la stesura delle commedie, teatrali o cinematografiche, tratte dai suoi racconti o romanzi. Sceglie, per rendere l’idea, di far tornare il personaggio della famosa scrittrice Ariadne Oliver, introdotto, tra l’altro, al posto di Hastings, per mostrare il punto di vista del lettore medio, impacciato circa le indagini e piuttosto boccalone. Nonostante la scrittrice vanti un “sesto senso femminile”, infatti, non sospetta fino all’ultimo del vero colpevole, al punto tale che Poirot le dirà, sul finire del romanzo, che “il suo sesto senso femminile deve essersi preso una giornata di vacanza”…

Ma il ruolo della scrittrice Ariadne Oliver non finisce qui. Anzi! Come ospite di Robin Upward, un commediografo piuttosto famoso e capriccioso, darà vita a una serie di simpatici siparietti che svelano molto, a mio parere, circa quello che deve aver passato la Christie stessa quando ha avuto a che fare con teatri e commediografi.

Durante le mie indagini scopro poi che, a sostegno della mia ipotesi, ci sono numerose dichiarazioni esplicite della Christie che si dice sempre scontenta delle commedie o dei film tratti dalle sue opere, fatta eccezione per il famosissimo Trappola per topi, riduzione teatrale del suo celeberrimo racconto Tre topolini ciechi, a mio avviso uno dei più riusciti e avvincenti in assoluto. In questo racconto, infatti, presenta una sorprendente capacità di indagine psicologica, amplificata e non sminuita dalla resa teatrale che ho avuto anche la grande fortuna di vedere portata in scena da una compagnia londinese, in lingua originale. Brividi, suspence e coinvolgimento emotivo sono assicurati: è un’esperienza che vi invito a fare, se vi capita, perché merita. Chiuso l’inciso, e scusatemi per la divagazione, ma non ho potuto farne a meno: adoro questa commedia!


Vi diamo appuntamento a sabato con la seconda parte di questo articolo.


Vi fornirò qualche esempio pratico, preso direttamente dal testo, per raccontarvi il processo investigativo che mi ha portato sulle tracce degli indizi circa la nascita delle commedie tratte dai libri della Christie e i dati autobiografici celati in questo giallo. Vi racconterò perché è stato particolarmente divertente leggere questo libro e parleremo anche dei film tratti da questo romanzo poliziesco.

Intanto aspettiamo i vostri commenti, sempre interessanti e molto graditi. Ci aiutano a crescere e a migliorare…Un abbraccio, a sabato,

Greta

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