Tutto sarà perfetto

14 giugno:

Buon compleanno papà,

ovunque tu sia ...

Al mio indimenticabile e coraggiosissimo papà, napoletano fin nel midollo e insieme cittadino del mondo  e di ogni luogo…

È una bella favola colorata di realtà, quella che Lorenzo Marone ci regala col suo ultimo romanzo, Tutto sarà perfetto. O meglio, una realtà intensa, vibrante, concreta, vista attraverso lo sguardo poetico, artistico quanto disincantato di Andrea, il fotografo protagonista, che parla in prima persona al posto dell’autore. Leggere questo libro meraviglioso – definirlo perfetto è fin troppo facile, anche se è difficile, non dirlo, perché è perfetto! – è proprio come guardare dal buco di un obiettivo, come cogliere, insieme ad Andrea (e a Marone per lui), la realtà per quello che è, quella che spesso ci sfugge. La realtà vista attraverso la lente d’ingrandimento per cogliere quei piccoli, indispensabili attimi che rendono la vita degna di essere vissuta. E quasi perfetta. O, a tratti, perfetta del tutto.

“Forse, per una volta aveva davvero ragione il comandante, rifletto prima di scattare: la vita è fatta di attimi perfetti nei quali arriva la giusta luce e tutto ci appare come deve essere, e forse il segreto non è cercare di prolungare questi attimi, di fermarli a ogni costo, che nulla può essere fermato, ma accontentarsi di godere del bello, di scorgerlo. 

Forse si tratta di trovare il coraggio di non trattenere ciò che amiamo, chi amiamo, di lasciar sparire la terra all’orizzonte, confidando che tanto al prossimo batter di ciglia ci sarà un nuovo piccolo brillio a rendere, seppure per un istante, tutto perfetto.” [Cit. pp. 296-297]

Andrea, quarant’anni suonati, è sempre stato la pecora nera della famiglia, il “figlio bistrattato”, si definisce. Ma già qui mi sbaglio e scivolo nel cliché, perché Andrea in realtà ha fatto da padre alla sorella Marina durante le lunghe assenze dei genitori: il padre, comandante di marina, era sempre via, la madre spesso preda della depressione e dei farmaci, trascorreva molte giornate a letto dimenticando perfino di far mangiare i figli, a volte. Quindi Andrea le responsabilità le conosce bene, ed è forse per questo che da grande le evita. Andrea ha imparato a rispondere a molte domande con un’altra domanda: ”In che senso?”, proprio per evitare di entrare nella vita completamente, per starne ai margini, per fuggire sempre un po’. Perciò il mestiere che si è scelto è perfetto: fotografo errabondo, senza posto fisso, in tutti i sensi. Non riesce a tenersi nemmeno una ragazza, anche se ne ha sempre avute tante, è sempre piaciuto molto, alle donne. L’unica che sembrava importante o almeno duratura l’ha persa perché le ha risposto all’ennesima e più importante domanda con la solita risposta – non risposta. “Facciamo un figlio?” ha chiesto lei. E lui, come al solito: “In che senso?” e l’ha lasciata andare. Senza troppi rimpianti. Perché i legami non piacciono molto, ad Andrea, o meglio, da quando la madre Delphine è morta, non gli piacciono più. Meglio non legarsi, meglio fuggire, per non soffrire. Anche Ondina, il grande amore della sua infanzia e adolescenza, è sparita. A lei torna spesso il suo pensiero, a quella zoppina, a quel maschiaccio con la zazzera per cui gli altri lo prendevano in giro. Lui, il figlio del comandante, biondo, alto, bello come una statua, che tutte le ragazze dell’isola di Procida, dove abita da piccolo, vorrebbero, vede davvero un’unica bambina, un’unica ragazza: quella che gli sfugge ma che sente risuonare dentro, come se gli appartenesse da sempre. Quella figlia del mare che ama pescare e con cui sa di avere più cose in comune che con qualunque altra persona. 

Ma un giorno il destino bussa di nuovo alla porta di Andrea: Marina deve partire con la famiglia: il marito amorevole che si è scelta e le figlie, le due gemelline Barbara e Alessandra. È proprio appellandosi all’affetto di quello zio errante per le nipoti che Marina gli chiede l’impossibile: di prendersi cura del padre malato, al suo posto, per un week end. Di accudire quel comandante in fin di vita che Andrea non vede mai e che non sente neppure più come padre. Eppure, i rapporti non sempre sono come sembrano, e Andrea scoprirà con stupore e una miriade di altri sentimenti misti che al padre, nonostante tutto, è legato. E che quel padre l’ha perfino capito, come ha capito Marina con la sua ansia e la sua smania di controllo. Se tutto è scandito da regole, allora Marina può stare tranquilla che la vita non le sfuggirà più di mano, come quando era bambina. Peccato che le persone non siano cose, oggetti da sistemare ordinatamente in fila e rinchiudere al sicuro, come ha fatto col padre, malato terminale, che vive confinato nella sua stanza, nell’appartamento della figlia, che puzza già di morte.

Marina lascia al fratello un preciso decalogo – efficace e persino esilarante – per la cura del padre. Nel giro di un week end Andrea riuscirà, con la complicità di papà Libero, a scardinare tutte le regole, più o meno volontariamente, e si farà perfino convincere dal padre a riportarlo a Procida per rivivere per l’ultima volta i luoghi amati e i ricordi della moglie, e per partecipare al matrimonio di una ragazza, figlia di un amico d’infanzia, a cui ha fatto da padre. E qui emerge anche il lato più umano di Libero, che ha saputo prendersi cura degli altri, e non solo di se stesso, come ha sempre creduto Andrea, e che in fondo ha ancora molto da dire e da dare, forse e proprio perché sente che il suo tempo sta per finire.

Impreziosito dalle magnifiche descrizioni di Napoli e dell’isola di Procida, il racconto si tinge inaspettatamente di poesia, mentre il protagonista ritrova perfino Ondina, di nuovo vicina di casa, il rapporto col padre e un po’ alla volta se stesso e il suo primitivo desiderio di autentica arte e libertà. Procida sarà una dolce fine per Libero e, insieme, un nuovo inizio per il figlio che ricomincia da zero, o meglio da se stesso, e da quella prima vera foto in riva al mare che lo riporterà al senso più intimo e autentico del suo essere e della vita.

Ho impiegato molto a scrivere questo articolo, per il desiderio di dire tanto, tutto, troppo di questo romanzo che mi ha acceso il cuore e le mani. Ho deciso perciò, alla fine, di dire poco, giusto l’essenziale. E di lasciare al lettore il piacere di gustare trama e scrittura magistrali di Marone che sta diventando decisamente uno dei miei scrittori preferiti. Ho amato tutti i suoi libri. Ma questo, sono costretta a ripetermi, è decisamente… perfetto. 

Buona lettura, dunque, oggi più che mai.

La vostra, Greta

2 pensieri riguardo “Tutto sarà perfetto

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