Il 21 marzo è stata proclamata la Giornata Internazionale contro qualsiasi forma di razzismo e di discriminazione. Motivo per cui ho deciso di parlarvi, proprio oggi, di un grande classico: La capanna dello zio Tom di Harriet Beecker Stowe, un romanzo abolizionista del 1852, scritto per denunciare la crudeltà della schiavitù. L’autrice prende spunto dalla legge del 1850, detta Fugitive Slave Low, che decretava il dovere di denunciare gli schiavi fuggiti e l’obbligo di restituirli ai proprietari. Da qui in avanti, le opposte posizioni si inasprirono al punto tale da scatenare la Guerra di Secessione americana (la guerra civile dal 1861 al 1865).
La trama:
Kentucky, prima dell’abolizione della schiavitù. Il buon Shelby, proprietario terriero sommerso dai debiti, è costretto a cedere due dei suoi “schiavi” a cui è più affezionato al perfido mercante di schiavi Haley. Deve perciò rinunciare al figlio di Elisa, cresciuta da lui e dalla moglie come una figlia, e anche allo “zio Tom”, suo grande amico e braccio destro. Proprio per non mettere nei guai il suo amico e padrone, Tom va incontro al suo crudele destino senza protestare e con una grande docilità. Il libro, che dipinge la ferocia disumana di alcuni schiavisti, è stato un’ importante chiave di volta nella campagna promossa di lì a poco per l’abolizione della schiavitù.
L’autrice
Harriet Beecker Stowe è figlia di un pastore e moglie di un teologo. I suoi libri sono pregni di religiosità. Nutre un’accesa simpatia per il “movimento antischiavista” che porterà, nel 1863, alla proclamazione dell’abolizione della schiavitù da parte di Abramo Lincoln che, nel suo discorso, elogiò la Stowe per il suo famoso romanzo. La capanna dello zio Tom è, infatti, un capolavoro, anche se per i giorni nostri è intriso di moralismo: non si parla in realtà di antirazzismo, ma di bontà e religione, della possibilità che gli uomini di colore potessero essere buoni e decisi a non darsi all’alcol se trattati bene e lasciati alle loro famiglie. Nell’ottica moderna, il libro infastidisce quasi perché non è basato sull’idea che tutti gli uomini siano uguali e abbiano pari diritti, quanto sulla necessità di compiere un atto umanitario concedendo la libertà ai neri. Bisogna però collocare il romanzo nella sua epoca, dove era comunque un best seller all’avanguardia che dette un importante contributo alla causa antischiavista.
“Non si potrà considerare libera nessuna nazione in cui la libertà è un privilegio e non un principio”. (Dalla prefazione dell’autrice).
Con affetto,
Greta
Questo libro mi ispirava, ma in realtà mi sono resa conto che non avevo nessuna idea del suo contenuto! Direi che a questo punto passo, sebbene sembri un buon libro non penso riuscirei ad apprezzarlo!
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Come mai?
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Fatico ad apprezzare i libri troppo “moralistici” e che tendono a voler dare insegnamenti, mi annoiano! ^^”
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Sì, capisco quello che vuoi dire, ma allora non sono stata chiara, e mi dispiace: bisogna calare il libro nella sua epoca, la metà dell’Ottocento. Per il suo tempo, è stato un libro assolutamente rivoluzionario, e per niente moralista. Se pensi che ha contribuito fortemente all’abolizione della schiavitù, e per la prima volta ha, a suo modo ma per iscritto, insinuato il dubbio che tutti gli uomini, di qualunque razza e colore, abbiano diritto gli stessi diritti, direi che è un libro addirittura trasgressivo! Dagli una possibilità. Puoi saltare qualche pagina, magari, ma il succo è travolgente!!! Un abbraccio e buona domenica con l’ora legale 😘🌹
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Mmmm direi che mi hai convinto a dargli almeno una possibilità! Cercherò di viverlo il più possibile come testimonianza di altri tempi! Se lo leggerò passerò a farvi sapere! 🙂
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